AAA. Cercasi lettori-viaggiatori in vena d'ispirazione

... con cui condividere esperienze, avventure, guai e passioni.

Il mondo visto con occhi diversi

Le telecamere di sicurezza catturano tante cose che succedono in giro nel mondo:




Vienna ringrazia per il raccolto

Uno dei compiti odierni di una capitale è quello di promuovere la ricchezza culturale del proprio paese. Vienna lo fa nei primi giorni di settembre con il festival "Ernte Dank Fest", o festa del raccolto. Tende e stand vengono montati al mattino presto. Sono dedicati a gruppi di agricoltori e allevatori, pro loco e promotori di prodotti tipici provenienti dalle varie regioni austriache. Persone sfoggianti i tradizionali "Dirndl" e "Lederhosen" offrono assaggi di specialità culinarie, pubblicizzano le attività che si possono svolgere nei parchi nazionali e intagliano il legno con le motoseghe. Sul palco, una banda suona valzer e mazurche. Tutto ciò nel cuore di Vienna, nel cortile principale del palazzo di Hofburg, la residenza ufficiale di città degli imperatori austro-ungarici.


Ernte Dank Fest
E' un complesso di edifici imponente, in stile barocco e neoclassico. I tetti verdi di rame ossidato sono contornati da statue bianche di personaggi titanici, che trasmettono un'idea di potenza e supremazia.
Questa facciata grandiosa, studiata per trasmettere una certa idea di impero, contrasta in modo strano con ciò che si scopre quando si visitano gli appartamenti reali. La drammatica storia familiare dell'ultimo grande imperatore austriaco, Francesco Giuseppe, traspare dai ritratti e dagli oggetti personali conservati e riportano il visitatore ad una dimensione umana. 
Una mostra dedicata all'imperatrice Elisabetta, conosciuta con il soprannome "Sissi", fa luce sulla sua personalità complicata e tormentata.

Gli appartamenti reali di Hofburg
Il giro negli interni del palazzo di Hofburg si apre in realtà con una curiosa esposizione di argenteria, porcellane e attrezzi da cucina. Una tavola imbandita ricorda i fasti delle epoche passate.

Collezione di argenteria a Hofburg
Per lasciarsi sorprendere di nuovo, si può continuare con l'esposizione, sempre al palazzo di Hofburg, del tesoro imperiale, accumulato per generazioni sin dall'anno 1000: una ricchezza ineguagliabile.

Tesoro imperiale a Hofburg

Una "scatola" ricavata da un unico smeraldo intagliato

L'impressione che ho avuto di Vienna è stata questa: una facciata elegante, ricca e tranquilla, che nasconde storie tragiche e tumulti psicologici. Il Belvedere è un buon esempio per spiegare questa sensazione.

Il Belvedere
Giardini del Belvedere
Le armoniose simmetrie barocche sono studiate per rispecchiarsi sull'acqua in un doppio romantico. All'interno però la crudezza e i tratti inquieti delle opere di Egon Schiele e degli altri artisti del primo Novecento turbano il visitatore. Fanno parte della stessa collezione di arte barocca, neoclassica, liberty ed espressionista varie opere di Gustav Klimt, tra le quali la sua più conosciuta, "Il Bacio".


Per assaporare a fondo l'atmosfera viennese, ho frequentato vari caffè. A Vienna, si è sviluppata una cultura unica riguardante il caffè (ne parla il libro che ho recensito in questo post: "La tazzina del diavolo"). Devo ammettere che non sono stata nel caffè più famoso, il Café Central. E devo anche ammettere che non ho provato il vero caffè viennese. Ero animata dalle migliori intenzioni, ma in quanto italiana non ho avuto il coraggio di ordinare un Einspaenner strabordante di panna ed extra-zuccherato. Così, ho sempre puntato sullo Schwarzer (caffè liscio) e non posso dirvi come sia per davvero il caffè viennese. Posso dirvi però che i caffè di Vienna sono elegantissimi, anche in stili di arredamento diversi. I camerieri sono marpioni quasi quanto i gondolieri veneziani e c'è sempre un'ottima selezione di torte.


Quello che non mi sono fatta mancare, invece, è stato provare l'originale Wiener Schnitzel, la cotoletta alla viennese, al centralissimo ristorante Figlmueller, vicino allo Stephansdom (il duomo di Santo Stefano).

Stephansdom
Stephansdom all'interno
Prodezze degustative a parte, per concludere con un gran finale il mio soggiorno a Vienna, sono stata al palazzo di Schoenbrunn.

Schoenbrunn

Qui la grandiosità è di casa. Con il "Grand Tour" ho visitato 44 delle stanze private e di rappresentanza della famiglia imperiale asburgica. Gli arredamenti sono ben conservati e soggetti a continuo restauro. Vari oggetti personali arricchiscono la collezione e il giro è valorizzato dalla possibilità di usare un'audioguida gratuita.


La fontana di Nettuno

La salita alla Gloriette regala una splendida vista sul palazzo di Schoenbrunn e sulla città di Vienna. Infine non resta altro che godere di una passeggiata nel parco.

Gloriette
Vista su Schoenbrunn e sulla città

Qualche informazione pratica


Il sito ufficiale della città di Vienna:

https://www.wien.gv.at

Si possono comprare abbonamenti alla metropolitana e ad altri mezzi pubblici anche per 48 o 72 ore. 
Inoltre, esiste una "Vienna Card" che, oltre ad includere l'abbonamento al trasporto pubblico, fa ottenere sconti per musei, negozi e ristoranti:

http://www.wien.info/en/travel-info/vienna-card

Conviene visitare Schoenbrunn al mattino, subito dopo l'apertura, perchè in seguito si affolla di turisti:

http://www.wien.info/en/sightseeing/sights/imperial/schoenbrunn-palace

Che viaggio surreale!

Mi piace molto il video di questa canzone degli Imagine Dragons, un "viaggio con la mente".





O forse il sogno di un viaggio.

"Decidemmo di andare a Bariloche prendendo la via chiamata dei sette laghi,

perchè tanti se ne costeggiano prima di arrivare alla città. E sempre con l'andatura tranquilla della Poderosa abbiamo percorso i primi chilometri senza particolari noie a parte qualche problema meccanico di poco conto finchè, incalzati dalla notte, siamo stati costretti a recitare la solita storiella del fanale rotto in una caduta per dormire in una casa cantoniera, "scusa" alquanto utile perchè il freddo quella notte si fece sentire con insolita asprezza. Era così forte la "morsa" che subito dopo un tipo venne a chiedere delle coperte in prestito, dato che lui e sua moglie erano accampati in riva al lago e si stavano congelando. Siamo andati a bere del mate in compagnia della stoica coppia che, in una tenda da montagna e con il ridotto bagaglio che poteva stare nei loro zaini, viveva da tempo sui laghi. Ci fecero venire dei complessi.
Riprendemmo il viaggio costeggiando laghi di grandezze diverse, circondati da boschi millenari; il profumo della natura ci accarezzava le narici; ma succede un fatto curioso: arriviamo a stomacarci di lago, bosco e casetta solitaria con giardino curato. Lo sguardo superficiale rivolto al paesaggio capta soltanto la sua noiosa piattezza senza riuscire a penetrare lo spirito stesso della montagna, per cui occorrerebbe rimanere sul posto vari giorni. Alla fine, siamo arrivati alla punta nord del lago Nahuel Huapi e abbiamo dormito sulla riva, contenti e sazi dopo l'abbondante carne arrosto che avevamo consumato. Ma nel riprendere la marcia, abbiamo notato una foratura nella ruota posteriore e lì è cominciata una tediosa lotta con la camera d'aria: ogni volta che la rattoppavamo finivamo per pizzicarla dalla parte opposta, col risultato di esaurire le toppe ed essere costretti ad aspettare la notte nello stesso posto in cui avevamo dormito. Un colono austriaco che in gioventù era stato corridore di moto, lottando tra il desiderio di aiutare dei colleghi in disgrazia e il timore di come avrebbe reagito la sua signora, ci diede ospitalità in un magazzino abbandonato. Nel suo stentato spagnolo ci raccontò che in quella zona c'era una tigre cilena."

Tratto da "Latinoamericana" di Ernesto Che Guevara, che ha ispirato il film "I diari della motocicletta":

Una camminata di fine estate

30 Agosto 2015


Caro Viaggiatore,

Le previsioni meteo non ci lasciano scampo: questo è l'ultimo fine settimana di vera estate. Ecco perchè oggi ho deciso di partire di buon mattino e di fare una lunga camminata in montagna. Ho preso il treno a Kufstein, dove abito, fino a Jenbach. Dopodichè, sono salita sull'autobus fino a Maurach, e poi con un balzo su quello che mi ha portata fino a Pertisau, sulle rive del lago Achensee

Il lago Achensee
Con passo veloce, ho seguito la strada che si inoltra nel bosco, in una valle parallela. La mia prima destinazione era la malga Gramaialm (1263 m). Si trova nel cuore del parco naturale Karwendel, così chiamato per il nome del gruppo montuoso in esso compreso.


Circa 8 km (300 m di dislivello) separano Gramai e Pertisau e solo un piccolo gruppo di malghe si trova a metà via. Lì mi sono fermata per una colazione veloce con Linzertorte e caffè.

Colazione!
Sul greto di un torrente in secca
Un'ora dopo, è apparso Gramaialm, avvolto da un teatro di montagne. Il sole già scottava ma ho deciso di non fare nessuna pausa. Il mio vero obiettivo era il rifugio Lamsenjochhuette, 700 metri di dislivello più in su.


Gramaialm

Inizio della Adlerweg - via delle aquile
E così, nel calore di una giornata splendida, con quel cielo così terso che si può trovare solo in montagna, mi sono inerpicata sul sentiero tracciato nel corso degli anni da innumerevoli escursionisti.


Il sentiero
Lamsenjochhuette (1953 m) era là ad aspettarmi. Il tetto brillava sotto i raggi del sole e le montagne facevano uno sfondo da cartolina. Sopra tutte svettava la cima Lamsenspitze con i suoi 2508 m.

Lamsenjochhuette
La cima in fondo a destra è Lamsenspitze
Godere dell'ombra e di cibo con una tale vista, dopo aver fatto tutto quel cammino in salita, mi ha ripagata per la fatica e per la pazienza.

La via di ritorno, sull'altro versante in direzione Stans (563 m), è stata più noiosa. Il finale però si è fatto interessante: dalla chiesa di St. Georgenberg (898 m), arroccata su una roccia, ho imboccato il Wolfsklamm, la "gola del lupo". Gli scalini di legno mi hanno portata, attraverso la gola, attorno a cascate, fino alla stazione del treno.

St. Georgenberg
Un "esercito" di sassi in equilibrio




Il Wolfsklamm

Qualche informazione pratica


Il parco naturale Karwendel, al confine tra Austria e Germania:


Sull'opportunità di viaggiare da soli: 5 motivi per cui ne vale la pena

Perchè viaggiare da soli? Perchè no?! Non fraintendetemi, non è adatto a tutti. Alcune persone partono perchè sono semplicemente in cerca di svago e non sono interessate al luogo "diverso" di per sè. Se però ciò che vi spinge a viaggiare è un certo spirito di avventura, ecco 5 buoni motivi per cui anche partire da soli ha i suoi vantaggi:


  1. Per staccare dalla routine quotidiana, che è molto più facile da fare se si è da soli. Sembrerà strano, ma non dover interagire con altre persone (anche se queste persone sono amici/familiari) è rilassante di per sè.
  2. Niente compromessi: siete solo voi, i vostri ritmi e la vostra dimensione. Ogni decisione è spontanea. La scelta di cosa fare, dove andare, se riposare o seguire un programma intenso non dipende da nessun'altro.
  3. Nuove esperienze: durante un viaggio in solitaria è facile aver voglia di provare cose nuove (in uno dei miei viaggi ad esempio, ho sperimentato il canyoning) e anche, soprattutto, avere la possibilità di farlo.
  4. Per socializzare con persone con cui altrimenti non avresti nessun contatto. Quando si viaggia da soli, per compensare la mancanza di compagni di viaggio fissi, si è spinti a chiacchierare con le persone che si incontrano lungo il percorso, cosa che ho trovato divertente e interessante.
  5. Per non rimandare il viaggio che si vuole fare da molto tempo. Se si rimanda troppo a lungo, si finisce per non realizzare più i propri desideri.


La verità è che se la voglia di avventura è forte, arriva un momento in cui si superano apprensioni ingiustificate. Siamo noi stessi i principali generatori di paure e ostacoli e non la vita reale.

Cliffs of Moher, Irlanda

Per appassionati di libri e.. caffè

Se anche a voi ogni tanto piace, come a me, rilassarvi con un buon libro, ne ho appena finito uno che vorrei consigliare:

La tazzina del diavolo (viaggio intorno al mondo sulle Vie del caffè)
Stewart Lee Allen
2000
Universale Economica Feltrinelli






Stewart racconta dei viaggi che ha fatto, attraverso vari continenti, con lo scopo di ripercorrere la storia del caffè. Dall'Etiopia, dove la pianta di caffè è autoctona, si sposta nello Yemen, il primo posto da cui è partito il commercio dei chicchi. La prima nazione in cui è stata introdotta la pianta è l'India e poi seguono Turchia, Austria, Francia e Brasile. Il viaggio termina negli Stati Uniti, la patria di Stewart: assieme ad un'amica, ripercorre la mitica "Route 66" alla ricerca del "meglio del peggio", ovvero del peggior caffè americano. 

E' una storia spiritosa, condita di personaggi strani e simpatici (e forse un po' romanzati) che l'autore incontra lungo la via. Il vero protagonista però è il caffè. E' incredibile come questa pianta abbia influenzato la storia mondiale.
Il libro è ben scritto, anche se a volte i luoghi vengono presentati in modo stereotipato e l'autore non ha sempre le idee chiare riguardo a certi fatti storici.. oppure le ha, ma "rimescola le carte" per essere più provocatorio.
In generale, 200 pagine piacevoli e anche ricche di spunti per viaggiatori caffeinomani.


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